sabato 10 aprile 2010

Risorgimento esoterico, Avvenire 23 marzo 2010








Del lato esoterico degli avvenimenti dell’800 italiano, Massimo Introvigne, direttore del Cesnur, si è occupato a lungo nei suoi studi da sociologo delle religioni. E, in quanto torinese, con un occhio speciale sul lato occulto di una città che ha avuto un ruolo di primo piano nella lotta contro il papato.

Siamo figli di un Risorgimento esoterico?
«Bisogna distinguere tra Unità d’Italia e Risorgimento: il progetto dell’Unità non è stato esclusivamente esoterico o massonico o laicista, perché c’erano ovviamente anche grandi cattolici – pensiamo al beato Francesco Faà di Bruno o a Rosmini – che sposavano questa causa e la giudicavano cruciale per lo sviluppo dell’Italia, in un mondo in cui andavano affermandosi i grandi Stati nazionali. Il Risorgimento è stato invece una modalità di realizzare l’Unità segnata da forze che, approfittando del fatto che si sarebbe costruito uno Stato nuovo, volevano plasmarlo secondo i propri ideali massonici o pre-massonici. Uno Stato simile alla città che avevano già sognato i Rosacroce del ’600: totalmente svincolata da una tradizione religiosa specifica e in particolare, giacché si trattava dell’Italia, dalla tradizione cattolica. Uno Stato frutto di ingegneria sociale, caratterizzato dal relativismo delle idee e delle religioni».

Garibaldi e Mazzini sono i nomi che vengono subito in mente.
«Infatti, quest’ideologia viene perseguita in modo particolarmente consequenziale da chi aveva frequentato la massoneria internazionale. In un personaggio come Garibaldi è facile trovare riferimenti a tal proposito, con una buona dose di violenza nei confronti della tradizione cattolica e con elementi estremi, per esempio l’idea di sostituire il cattolicesimo con lo spiritismo, che Garibaldi coltivò molto seriamente, diventando primo presidente della Società spiritica italiana, oltre che gran maestro della massoneria. Lo stesso vale per Mazzini, che aveva frequentato altri ambienti, magari non direttamente massonici, ma con forti interessi esoterici. In lui troviamo un’utopia più ispirata alla sostituzione del cristianesimo con spiritualità orientali, con l’idea di reincarnazione, ecc.».

Come giudicare l’atteggiamento dei "cattolici" Savoia?
«Il progetto risorgimentale non è pensato inizialmente dai Savoia, ma da altri che poi trovano in casa Savoia uno strumento. Casa Savoia è interessante perché da quando decide di diventare una dinastia di respiro europeo, nel ’500, si presenta come un impasto singolare di cattolicesimo e di esoterismo. I Savoia rinascimentali, in cui sono presenti figure che hanno aspirazioni di santità e favoriscono la Chiesa, sono gli stessi che costruiscono un mito per accreditarsi fra le case reali europee: quella della loro discendenza dai faraoni egizi, che nel clima rinascimentale di riscoperta di spiritualità pagane e precristiane funzionava molto bene. Il museo egizio verrà molto dopo, con Napoleone, però che Bonaparte scelga Torino per creare questa istituzione non è casuale. Nella corrispondenza di fine ’600 tra il beato Sebastiano Valfré e Vittorio Amedeo II di Savoia, di cui il Valfré era confessore, si nota tutta l’ambivalenza del nobile sabaudo. Che da una parte manifesta un anelito cattolico, dall’altra riempie la corte di maghi e astrologhi. Un’ambivalenza che ha quindi radici molto antiche e che si manifesta clamorosamente nell’800».

Carlo Alberto "re tentenna" anche per quanto riguarda il rapporto con la Chiesa?
«In Carlo Alberto resta viva, direi, una cattolicità di fondo. All’inizio sembra assecondare i progetti – pensiamo all’espulsione dei gesuiti – di forze che si possono definire proto-massoniche, perché in realtà la massoneria nel Regno di Sardegna, vietata da Vittorio Emanuele I nel 1814, si ricostituisce con la sua regolarità formale solo nel 1859, anche se era già esistita nel ’700 e diversi nobili mantenevano rapporti con logge francesi e di altre parti d’Europa. Poi, quando vede che ne vogliono fare uno strumento di una politica anti-cattolica a senso unico, Carlo Alberto saluta e se ne va. Ci sono lettere in cui scrive: "Il mestiere di Re mette in pericolo la salvezza della mia anima"».

Vittorio Emanuele II appare molto meno ambiguo…
«In lui la vocazione esoterica di casa Savoia, di cercare la propria grandezza in un disegno alternativo al cristianesimo, in un’ingegneria sociale che ha una forte matrice massonica, prevale. Ciò non impedisce che nella famiglia il filone cattolico continui, pensiamo a figure come Maria Cristina o Maria Clotilde. Del resto, i casi di famiglie reali che annoverano gran massoni e grandi cattolici non sono isolati. Prendiamo per esempio il libro di Jean Van Win su Leopoldo I del Belgio come "re massone". Poi si arriva a Baldovino, di cui sembra si voglia aprire una causa di beatificazione. Lo stesso discorso si può fare per la famiglia reale brasiliana. Diciamo che Casa Savoia ha sempre tenuto un piede nella santità e uno nella scomunica».

Il ruolo dominante dei "piemontesi" nell’Unità – che tanto è stato discusso sotto il profilo economico e politico – che ricadute ha avuto negli equilibri massonici del nuovo Stato?
«Occorre sempre distinguere fra la massoneria come istituzione formale con le sue logge e la mentalità massonica, che è relativista, laicista, antidogmatica e portatrice in Italia di un’idea di nazione astratta che cerca fondamenta alternative rispetto alle radici cristiane e al rapporto strettissimo con la Chiesa cattolica che invece ha sempre caratterizzato il nostro Paese. Se parliamo di logge massoniche in senso stretto, il Piemonte è alle origini della ricostituzione della massoneria che, dopo la caduta di Napoleone e la restaurazione, era stata vietata in quasi tutti gli Stati pre-unitari. Il processo va dalla creazione della Loggia Ausonia a Torino nel 1859 alla fondazione subito dopo, sempre a Torino, del Grande oriente italiano che ha come primo gran maestro il piemontese Costantino Nigra, strettissimo collaboratore di Cavour. Se ampliamo il discorso alla mentalità massonica, questa è al cuore del Risorgimento – distinto, appunto, dall’unità – così come lo interpreta e lo promuove la cultura piemontese dominante, con effetti che si fanno sentire ancora oggi».
Andrea Galli


Fonte - Avvenire, 23 marzo 2010

lunedì 5 aprile 2010

Scomunicato Casarin, il "santone" di Leini




Il cardinale Poletto: «Colpevole di scisma e apostasia»

GIANNI GIACOMINO

TORINO


Da un quarto di secolo la Chiesa ne ha preso nettamente le distanze. Veri cattolici praticanti da una parte e lui Roberto Casarin, 47 anni, di Leini, fondatore di «Anima Universale», dall’altra. Adesso è arrivata la scomunica.

Ieri l’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto ha dichiarato che: «Il signor Roberto Casarin è, da tempo, incorso nella scomunica per aver commesso i delitti di scisma e apostasia del Codice del Diritto Canonico, permanendovi tutt’ora pervicacemente». Ancora: «Anima Universale non è un’associazione riconosciuta dalla Chiesa, né ha alcun rapporto con la medesima». Monsignor Poletto ammette di aver parlato pubblicamente «allo scopo di evitare che esponenti del mondo cattolico vengano coinvolti in qualsiasi modo dai membri ai Anima Universale».

Un monito durissimo, a tre giorni dalla Pasqua, rivolto soprattutto a chi, arrivando da ogni parte d’Italia e anche dall’estero, frequenta i gruppi di preghiera nelle sedi di «Anima Universale» di frazione Tedeschi di Leini (dove Casarin ha iniziato a predicare) e in via Biella, a Torino. I pellegrini arrivano in macchina, in pullman, per incontrare i monaci «ramia» e pregare con Casarin «Swami Roberto», in italiano, inglese e francese. «Anima Universale» ha costruito un sito internet dove chi vuole può trovare qualsiasi informazione, anche come fare per un incontro personale con un monaco «ramia». Casarin è una persona molto riservata. C’è chi dice abbia guarito persone, chi sia in possesso di poteri soprannaturali. «Li dimostri, perché così non risulta» - ammette don Diego Goso, il vice parroco di Leini.

«Ritengo il pronunciamento del cardinale un necessario e doveroso segnale a protezione dei fedeli - dice don Carlo Fassino, il parroco di Leini - Non tanto per la gente di qui, che conosce la storia di Anima Universale, ma per coloro che, da lontano, cercano un’esperienza spirituale cattolica che non possono trovare in chi si è consapevolmente posto al di fuori della Chiesa».

La risposta arriva da «ramia» Riccardo Fertino. «Sua eminenza monsignor Poletto, che stimiamo moltissimo, ha ribadito quello che è già noto grazie alle nostre pubblicazioni e alla letteratura scientifica. Anima Universale è una comunità cristiana autonoma. Da sempre auspichiamo che si possa instaurare un dialogo con la Chiesa cattolica al fine di chiarire le divergenze teologiche, che ci separano. Le organizzazioni religiose e laiche che collaborano con Anima Universale a fini umanitari sono consapevoli della nostra realtà. Per noi è importante aiutare i poveri al di là delle differenze teologiche».

Fonte - La Stampa, 2 Aprile 2010